Vincenzo

PALASASSI : GLI ANNI D’ORO DELLA MIA ADOLESCENZA

All’età di 5 anni era arrivato il momento di scegliere quale sport fare. Forse perchè lo faceva mio fratello, forse perchè i miei genitori mi costrinsero, io feci basket e fino a 17 anni non l’ho mai abbandonato, tranne un anno, un solo anno, ma non voglio anticiparvi niente.

Iniziai a giocare a basket divertendomi e anche tanto, ma portavo con me un rancore, non aver fatto calcio, i miei genitori non vollero perchè sostenevano che il basket serviva per la crescita e per l’educazione, l’esatto opposto del calcio. Ho rinfacciato loro questa decisione per troppi anni… e’ arrivato il momento di ringraziarli. con e per il basket ho provato emozioni uniche un misto di rabbia, felicità, passione che difficilmente avrei potuto provare per un altro sport.

Arriviamo dunque al Palasassi, all’eta’ di 12 anni per me arrivò l’esame cestistico più esaltante della mia giovane carriera, dopo aver passato i precedenti anni in giro per palestre di scuole, campetti di paese e il vecchio palazzetto di Lanera, arriva la sfida decisiva. Spareggio contro il Bernalda, per sancire il vincitore del campionato regionale; sarà al Palasassi.

Avevo sognato quella partita da sempre, andavo la domenica a vedere i miei idoli giocare a basket. ricordo tutto di quella partita, il profumo del parquet, il rumore della retina ad ogni canestro…

Da quel giorno in poi, ogni partita di campionato in casa la giocammo li, al Palasassi a 15 anni alzammo la coppa, il nostro primo campionato, non poteva che essere in casa, al Palasassi. ogni volta che ci torno anche se è vuoto nella mia mente continuo a sentire il calore del pubblico, le urla del coach e le facce cariche dei miei compagni di squadra. Al Palasassi ho lasciato un pezzo del mio cuore. 

MATHEOLA: GLI ANNI BUI, L’ANNO BUIO

Fu decisamente l’anno più brutto della mia vita, sportivamente parlando.

Come vi ho anticipato prima, lasciai il basket per un anno. decisi di provare a realizzare il mio sogno, arrivato a 16 anni finalmente avevo la possibilità di decidere in totale autonomia, senza che i miei genitori influissero minimamente nella mia scelta.

Lasciai il basket all’apice della mia giovane carriera cestistica ed esso è il maggior rimpianto che ho in 18 anni di vita. Riavvolgendo il nastro, qualche mese prima di iniziare l’avventura calcistica, vincemmo il nostro primo campionato regionale battendo in finale il tanto temuto Potenza. Per battere quella squadra ci vollero diversi anni di sconfitte e rivincite allora io pensai, se vinco quella partita lascio. Pensando di non avere più stimoli e di non divertirmi più come prima decisi di provare il calcio mia vera grande passione. Feci un po’ di ricerche e la mia attenzione ricadde sul Matheola societa’ di calcio.

La mia esperienza però non durò più di qualche mese, infatti dovetti fare i conti con una realtà opposta al basket dove l’ignoranza, la falsità, le raccomandazioni la facevano da padrone.

Mi sentii per la prima volta in vita mia terribilmente fuori luogo. mi avevano parlato male del mondo calcistico, ma fin quando non l’ho provato sulla mia pelle non potevo capire… venivo da un mondo genuino allegro e familiare come quello del basket, precipitato in un mondo opposto come quello del calcio, non durai più di qualche mese…

GRAVINA: UN SALTO NEL VUOTO

Diverse volte ho rischiato la vita, un po’ perchè amo il rischio un po’ perché per la spensieratezza di questa età ho sempre messo l’istinto davanti alla ragione. Fu cosi quel pomeriggio dell’11 luglio, io appena diciassettenne e il mio compagno d’avventura, Dodo, dopo un mese ne avrebbe fatti diciotto… Uso il condizionale perchè la gravina in quel caldo pomeriggio d’estate si trasformò per noi da luogo da esplorare in una tranquilla escursione a campo di battaglia fra vita e morte.

per farla breve io ed il mio amico quel fatidico pomeriggio verso le 18.00 decidemmo di andarci a fare un’escursione nella gravina…dopo aver perlustrato la zona, nei pressi della grotta dei pipistrelli, decidemmo che la nostra avventura non poteva essere così breve e poco emozionante… inizialmente prendemmo un sentiero che però si rivelò subito fasullo, decidemmo di continuare la discesa che ad un certo punto, calato il sole e per l’estrema pendenza della roccia, divenne una vera e propria scalata.

Dodo, il più grande ma altrettanto incosciente in quella circostanza, andò per primo… perse l’appoggio e cadde da un’altezza di circa 4 metri rotolò giù per la gravina fino a quando il suo corpo non si schiantò contro un albero, impedendoli di rotolare ancora… io per raggiungere il prima possibile il mio amico visibilmente in difficoltà feci un salto di 2 metri su di un appoggio inesistente che mi provocò una microfrattura della caviglia…

In preda al panico non chiamammo subito i soccorsi ma scendemmo giù nel torrente fin quando non vedemmo un sasso e ci alienammo sopra dopo aver nuotato in torrente che era più simile ad una discarica che ad un corso d’acqua…

In quelle ore li giù faceva davvero freddo, riuscimmo a chiamare i soccorsi che arrivarono dopo un paio d’ore. Dodo era ghiacciato io visibilmente dolorante, sopra c’erano i nostri genitori ad aspettarci… ricorderò quell’esperienza e specie quel posto con una gran paura pensando a quello che poteva succedere e per fortuna non è successo… quel posto però mi ha fatto maturare e finalmente ora ho capito che prima dell’istinto dovrò usare la ragione