Filippo

QUESTURA CON VECCHIO INGRESSO, ORA INGRESSO VIA GATTINI, PRIMA VIA TASSO

II luogo in questione è la questura sede della polizia di stato. Prima di iniziare però vi invito a spostarvi dall’ingresso principale portandovi in via Tasso, la prima strada alla vostra destra. Percorretela per una ventina di metri e avvicinatevi al muro. Troverete un indelebile segno del passato. II vecchio ingresso del quale resta un evidente segno sul muro. E’ della questura con ingresso da via Tasso che vi voglio raccontare. Mio padre era un poliziotto e ho passato qui dentro interi pomeriggi a scorazzare in lungo e in largo fino all’età di 12 anni. Ero una sorta di mascotte dei colleghi di papa perchè praticamente nei mei pomeriggi liberi e nei suoi pomeriggi d’ufficio ero sempre con lui a lavoro. Non sempre naturalmente perchè spesso era in servizio sulle volanti. Ah le volanti quanto mi piacevano. Mi ricordo perfettamente l’ingresso, le scale che portavano ai piani superiori, la centrale operativa piena di telefoni, radio trasmittenti e telescriventi che ad ogni messaggio producevano, in un serbatoio/cassetto, una serie infinita di coriandoli che altro non erano che piccoli cerchi di carta che andavano via perché prodotti della macchina perforatrice del nastro sul quale veniva inciso in codice un messaggio. Impazzivo per questi coriandoli. E poi l’ufficio passaporti, il poligono di tiro, la sala giochi con biliardi grandissimi, lo spaccio e il garage pieno di auto dalle lunghe antenne. C’era anche una fiat 126 verde scuro che doveva evidentemente servire per non farsi riconoscere. Sono cresciuto praticamente in questa luogo dove vige la disciplina e il rigore, dove il rispetto per la legge è fonte di vita.

LIBRERIA CIFARELLI ORA CALZEDONIA

Qui esisteva un tempio. La mia prima libreria. La libreria. Quattro salette con le pareti piene di libri. In fondo a sinistra delle scale che portavano al piano superiore, un altra sala e un terrazzo. Ogni volta che ci entravo aprivo libri, leggevo due righe, riponevo e ancora , ancora. Ci venivo da piccolo con mio padre e poi col tempo ho imparato a venirci da solo. Era un luogo che mi faceva sentire importante, ricco, potente, al centro dell’universo. Altro che oro e diamanti: libri signori, tanti libri. E mi domandavo se mai sarei riuscito un giorno ad averne una tutta mia. E lì ho cominciato a comprare testi. Spesso andavo anche solo per “farmi un giro”, respirare la carta, incrociare sguardi. Ogni volta, nel tomare a casa, immaginavo storie infinite in quella libreria, in diverse epoche, immaginavo di essere nel rinascimento e frequentarla da pittore, da scultore e incontrarmi con uomini e donne con ombrellino al seguito per parlare della nostra vita, delle altre volte ero a Parigi, e quella libreria, posta al centro esatto della polis, diventava un caffè, dove ci riunivamo per comporre insieme a musicisti e letterati intere opere sorseggiando assenzio e fumando oppio. C’erano i tavolini fuori, e una delle sale era con le pareti in velluto e odorava di un intenso profumo di fumo misto ad incenso. Era la mia fantasia che mi faceva compagnia mentre tornavo a casa. Ci sono anche dei segreti che mi legano a questa libreria. Naturalmente questa libreria non e mai stata tutto ciò che la mia fantasia dipingeva però, però e stata comunque la mia libreria. E quando ha chiuso nel 98, ero tentato di comprarla. Ci ho pensato davvero ma i fondi a mia disposizione non erano abbastanza. Ci sono rimasto molto male.

CAMPETTO VIALE ITALIA. CURVONE

Eccoci giunti al campetto. Bene. Porgete lo sguardo al cielo e ora fate un bel giro a 360 gradi roteando su voi stessi. A nord, avete i palazzi. Proprio lì al primo piano di que1 palazzo abitavo e da lì mia madre urlava per farmi tornare a casa nelle interminabili partite a ca1cio che da piccolo affrontavo. A sud potete ammirare la vastità dell’orizzonte, la diga di San Giuliano e le dune di Montescaglioso. Questo era il centro del mondo. ‘trenta  anni fa qui non esistevano auto marcianti, era una zona periferica ed isolata, era pertanto terra nostra, e a tutte le ore eravamo selvaggi e padroni, non avevano neanche la necessita di difendere il territorio. Eravamo una banda, ma una bella banda di ragazzini. Non avevamo neanche la necessità di difendere il territorio. Il campetto luogo di eterne e infinite sfide, era leggermente in pendenza ma quello avevamo e quello per noi era il tempio del calcio. Ora c’è erba alta ma un tempo, c’erano porte di legno fatiscenti da noi stesse costruite che se colpivi il palo col pallone calciando un po’ più forte rischiavi che ti cadeva addosso. E le fantomatiche righe di bordo campo segnate con farina rubata dalle nostre case? Fantastico. Vi giuro giocavamo anche per cinque sci ore consecutive. Una volta sono finito in ospedale per insolazione e disidratazione. Due giorni dopo ho raggiunto i miei compagni al campetto: mi accolsero come un eroe di guerra con pacche sulle spalle e abbracci. Partitella? Si ricomincia!

CASA VICO NAZIONALE CASA VIALE ITALIA CASA VIALE EUROPA CASA VIA CILEA

Ho voluto raccogliere in questo fantomatico quadrilatero quattro punti fondamentali della mia vita e dunque 4 momenti emozionali della mia esistenza. Sono le quattro dimore che mi hanno ospitato fino ad ora e impossibile sarebbe poter raccontare tutte le emozioni che ciascuno di questi quattro luoghi mi ha restituito. Protezione e riparo, amore e affetto, momenti di quotidiana familiarità. Sono in ordine cronologico di occupazione. La prima da 1 a 5 anni, la seconda da 5 a 34, la terza da 34 a 37 e la quarta, quella attuale da 37 ad oggi. Ciascuna come detto ricopre un ruolo importante nei miei ricordi ma voglio soffermare la mia e la vostra attenzione sulla terza. Viale Europa. Perche? Perchè e stata la mia prima casa da uomo indipendente, e come tutte le prime cose non si scorda mai E’ stata la mia Itaca, la mia conquista, la mia verità. E’ qui miei cari, oltre quel cancelletto, che mi ritiravo dopo il lavoro, dopo una vacanza, dopo una birra tra amici, dopo un momento di gioia, dopo un momento di dolore. E questi muri hanno saputo contenere con discrezione i miei umori, i miei pianti, i miei sorrisi. Non avevo mai vissuto da solo ma lo desideravo tanto. Oltre quella porta, un salone, una cucina, un bagno e una camera da letto e tanta vita davanti. Una nuova vita, una nuova fase, con la consapevolezza che quel seme piantato anni fa per diventare adulti aveva dato finalmente il primo frutto. Sono le cose semplici che mi emozionavano in questa nuova fase della mia esistenza, fare la spesa, lavare i panni, cucinare.